La commedia del lavoro.

Quante parole e discorsi dedicati al lavoro riempiono giornali, televisione e dibattiti. In Italia è in bella mostra anche nella Costituzione.

La mia definizione di lavoro potrebbe essere questa:

Il lavoro è quella cosa che serve a tener viva la mente e il corpo:
può essere una passione o solo uno strumento per altri aspetti della vita,
può essere ad uso personale o per gli altri, pagato o non pagato.
Definisce le persone a torto o a ragione e il tipo di società a cui appartengono, ma soprattutto è sopravvivenza.

L’aspetto su cui voglio soffermarmi è la snaturizzazione del significato della parola lavoro e sull’ipocrisia che lo accompagna in questi anni.
Se la famiglia (si dice) è la culla della società, il lavoro è lo strumento con cui creare e tenere in piedi una società.
Il lavoro in quanto tale deve essere rispettato ( e con esso le persone che lo svolgono ) nell’interesse di tutti.
Aldilà di tutte le ideologie politiche ed economiche il lavoro non è una merce di scambio come qualsiasi prodotto commerciabile ma una condizione esistenziale imprescindibile per tutti.
Nell’era del post-industriale italiano di inizio millennio, il terziario, la crisi e le nuove regole hanno sostituito i vecchi assetti (logori) facendo crescere o tornare in certi casi nuove schiavitù morali e fisiche allargando la forbice in favore di chi di fatto non costruisce più nulla se non scatole vuote o piene di imbrogli.
Le varie riforme della scuola, inoltre, ad oggi non hanno migliorato il sistema, rendendolo forse ancor più confuso. E’ pur vero che in soli trent’anni è cambiata un’epoca ma alcuni meccanismi sociali ed umani restano sempre uguali.
Dalla fine degli anni ottanta i cambiamenti: dai contratti di formazione ai cococo ai contratti interinali fino al jobs act.
In nome della flessibilità ritenuta caposaldo per il futuro del paese si è sminuito il ruolo del lavoratore arrivando a creare un esercito di precari che lavorano gratis con stage e tirocini e finte partite iva, con volontari che tengono in piedi alcune realtà importanti del paese.
Dal mito del posto fisso siamo passati al lavoro flessibile modificando molti aspetti della vita. Oggi, vista la velocità dei cambiamenti convivono generazioni vicine ma molto diverse e almeno in Italia convivono due mondi.
Il lavoro ormai sembra essere solo un indice statistico da esibire nei più assurdi sondaggi televisivi o venduto come un premio alla lotteria, un regalo dove conta più il pacchetto che il suo contenuto o un target su cui riempire spazi pubblicitari e trasmissioni del dolore lasciando sempre più spazio a speculatori che insegnano come vendersi bene per cercare e trovare un posto di lavoro piuttosto che dartelo o a corsi privati che illudono in cambio di soldi.
Questi corsi o truffe esistevano anche trent’anni fa ma oggi con la crisi e il lavoro che manca cosa si sta facendo di concreto? A parte gli interventi tampone sono anni che si sta a guardare gli altri paesi crescere, senza pianificare investimenti e programmi veri per una crescita reale del paese ognuno impegnato a pensare al proprio orto e alla propria casta. Tagli forsennati perché non ci possiamo più permettere questo sistema e spese pazze su cose che non servono se non a pochi. Le famiglie o meglio i pensionati di oggi sono stati il vero ammortizzatore sociale ma tra alcuni anni con le pensioni che ci saranno che cosa succederà. Il mercato globale inoltre fagocita tutto e tutti a favore soprattutto delle grandi multinazionali in un sistema drogato dalla finanza dove guarda caso non si è intervenuto seriamente dopo tutte le bolle speculative degli ultimi anni.
Si potrebbe dire che è semplicemente una filosofia diversa con cui vedere le cose o la vita, ma tornando a ciò che ho detto prima il lavoro è soprattutto sopravvivenza. (fel971)
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La commedia del lavoro.ultima modifica: 2016-05-29T19:00:39+02:00da fel971
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